Prima di pubblicare quest’estratto tratto dal libro di Neil Mac Gregor “La storia del mondo in 100 oggetti”, mi sono premurato di verificare che non ci fossero veti sulla riproduzione. Non ne ho trovati, così spero che l’Adelphi, la casa editrice italiana, non se ne abbia a male per aver riportato lo scritto di Mac Gregor sul mio sito.
Il libro è un regalo natalizio per Maria, la mia compagna, ma in realtà mi fu segnalato da una cara amica a conoscenza del mio amore per le pipe.
Godetevelo, se non l’avete già letto, scoprirete interessanti notizie sull’origine di questo manufatto che, per alcuni, è una vera passione.
G.S.
Le collezioni del British Museum sono la prova che Ie società cambiano idea su molti argomenti, non solo sul sesso. Ecco un manufatto che un tempo aveva un’enorme valenza sociale, ma oggi è praticamente bandito da ogni luogo pubblico: la pipa da tabacco. Il fumo, con il piacere e i pericoli che comporta, ha una lunga storia, e 2000 anni fa in Nordamerica andava veramente forte, come ci dimostra questo oggetto.
La nostra pipa ha all’incirca la forma e le dimensioni di un kazoo, e il colore di un biscotto al cioccolato. Diversamente dalle pipe moderne, che hanno il fornello al termine di un lungo cannello è scolpita in una pietra rossastra e ha una base piatta lunga una decina di centimetri. Un piccolo foro a un’estremità funge da bocchino. Il fornello si trova a metà della base ma, lungi dall’essere una semplice camera per il tabacco, ha la forma di una lontra che emerge da un fiume e si guarda intorno con le zampe appoggiate sulla riva. La pietra è liscia, e riproduce la lucentezza della pelliccia umida dell’animale. La lontra è orientata in maniera tale che il fumatore la guardi negli occhi e si ritrovi con il naso contro il suo. In origine il contatto doveva essere ancora più elettrizzante, perché nelle cavità vuote degli occhi erano incastonate delle perle di acqua dolce. Grazie a quest’oggetto di squisita fattura scopriamo quando è cominciata la lunga storia dell’uomo e della pipa da tabacco. Per quanto oggi il fumo sia considerato quasi ovunque un vizio mortale, 2000 anni fa in Nordamerica la pipa aveva un ruolo fondamentale nella dimensione religiosa e rituale della vita umana. Sparsi per il continente c’erano gruppi di nativi americani dalle abitudini molto diversificate di quanto non suggeriscano i western di Hollywood. Quelli che abitavano le terre intorno ai poderosi fiumi Ohio e Mississippi, dal Golfo del Messico ai Grandi Laghi, erano agricoltori: non avevano città, eppure rimodellavano il paesaggio con monumenti straordinari. Di loro si può dire che vivevano separati ma morivano insieme: infatti, sebbene divisi in tante piccole comunità, univano le forze per costruire enormi tumuli di terra come luoghi di adunanza per le cerimonie e per la sepoltura dei morti. Le tombe all’interno di queste colline artificiali erano piene di armi e oggetti decorativi le cui materie prime provenivano da luoghi molto lontani: c’erano denti di grizzly dalle Montagne Rocciose, conchiglie dal Golfo del Messico, mica dai Monti Appalachi e rame dai Grandi Laghi. Un giorno i visitatori europei sarebbero rimasti a bocca aperta davanti a questi spettacolari tumuli funerari, primi tra tutti quelli della cosiddetta “Mound City”, nell’odierno Ohio: un sito recintato di 5 ettari con ben 24 mucchi di terra. In uno di essi c’erano circa 200 pipe di pietra, una delle quali è la nostra.
La pipa risale al periodo dal quale ci giungono le prime testimonianze sull’uso del tabacco in Nordamerica. Coltivato per la prima volta in Sudamerica e Centroamerica, il tabacco veniva fumato avvolto nelle foglie di altre piante, più o meno come un sigaro. Tuttavia, durante i lunghi inverni del freddo Nord, non ci si poteva procurare le foglie e i fumatori dovettero trovare un altro contenitore: nacquero così le pipe. A quanto pare lo spartiacque tra sigaro e pipa è in parte una conseguenza del clima.
La massiccia presenza di pipe in pietra nei tumuli funerari dell’Ohio è la prova che questi oggetti dovevano occupare un posto speciale nella vita del popolo che li costruiva e li usava. Sebbene gli archeologi non abbiano ancora compreso il loro vero significato, noi possiamo comunque avanzare un’ipotesi verosimile. Ecco cosa ne pensa Gabrielle Tayac, esperta di storia dei nativi americani e curatrice del Museo Nazionale degli indiani d’America:
Le pipe sono espressione di una cosmologia e di una teologia ben precise, hanno il significato di un insegnamento religioso. Sono considerate esattamente alla stregua di esseri viventi e dovrebbero essere trattate come tali, piuttosto che come semplici oggetti, per quanto sacri, che prendono vita e acquisiscono potere solo quando il fornello è unito al cannello. Per esempio, le pipe di catlinite rossa sono identificate con il sangue e le ossa del bisonte. Per presentarsi con una pipa in certi luoghi è necessario sottoporsi a riti di iniziazione e assumersi enormi responsabilità.
Sappiamo che 2000 anni fa solo membri selezionati della comunità potevano essere sepolti nei tumuli: presumibilmente molti di loro rivestivano un ruolo chiave nei riti, perché insieme ai corpi sono stati trovati frammenti di costumi cerimoniali: copricapo di teschio di orso, lupo e cervo. A quanto pare il mondo animale aveva una parte importantissima nella vita spirituale di questo popolo, che ci ha lasciato un vero e proprio giardino zoologico di pipe: ci sono fornelli a forma di gatto selvatico, tartaruga, rospo, scoiattolo, uccello, pesce e perfino di uccello che mangia un pesce. Forse gli animali erano legati a riti sciamanici volti a collegare i mondo fisico e quello spirituale. I tabacco che si fumava all’epoca era la Nicotiana rustica, che amplifica la percezione e ha un effetto allucinogeno: il fumatore entrava presumibilmente in una specie di trance e, trovandosi faccia a faccia con la creatura scolpita sulla pipa, la vedeva prendere vita. Forse gli animali facevano da guida spirituale o totem all’individuo che fumava; quel che è certo è che, in epoche più tarde, i nativi americani eleggevano a spiriti protettori gli animali che apparivano loro in sogno. Spiega Gabrielle Tayac:
I nativi usano ancora il tabacco, è un elemento di grande sacralità in grado di trasformare la preghiera, la comunicazione e il pensiero della comunità. Le pipe si possono fumare individualmente o passare di mano in mano all’interno del gruppo o della famiglia: servono dunque, per così dire, a unificare le menti e a elevarne il potere al vasto Universo, al creatore oppure agli intercessori. Nel corso di una trattativa, il “calumet della pace” vale più della firma su un documento: è un modo non solo per sugellare un patto dal punto di vista legale, ma anche per stringere e confermare una promessa con le grandi potenze dell’Universo.
Ancora oggi, per i nativi americani, fumare è un atto spirituale: il fumo si alza e si mescola, portando le preghiere unificate verso il cielo e combinando così le speranze e i desideri dell’intera comunità.
Gli europei scoprirono il fumo molto tardi, nel sedicesimo secolo. Ai loro occhi il tabacco perse la connotazione religiosa per diventare una semplice sostanza rilassante, anche se va detto che fin dall’inizio ci furono dei critici. Nessuna campagna governativa moderna può infatti rivaleggiare con la verve del grande Counterblaste to Tobacco pubblicato dal re Giacomo I nel 1604, pochi mesi dopo il suo arrivo da Edimburgo per succedere alla regina Elisabetta. Il nuovo sovrano denunciava il fumo come “un’abitudine ripugnante per l’occhio, odiosa per il naso, dannosa per il cervello, pericolosa per i polmoni; nel nero fumo maleodorante vi è la più stretta somiglianza con l’orribile fumo stigio dell’abisso senza fondo”.
Ma ben presto il tabacco fu associato al denaro. Quando gli inglesi colonizzarono la Virginia, il mercato del tabacco, appena emergente in Europa, divenne subito uno dei settori di punta dell’economia: Brema e Bristol, Glasgow e Dieppe divennero tutte ricche grazie al tabacco americano. Nel diciottesimo e diciannovesimo secolo, man mano che gli europei penetravano nel continente americano, il tabacco divenne a pieno titolo un articolo di commercio e una forma di pagamento. L’acquisizione europea dell’abitudine di fumare la pipa è il simbolo per molti nativi americani dell’espropriazione della loro terra natale da parte degli invasori.
Da quel momento in poi, in Europa e nel resto del mondo, il fumo divenne un’attività associata al puro piacere, un’abitudine quotidiana e decisamente alla moda. Nel ventesimo secolo le stelle del cinema apparivano sullo schermo tra nuvole di fumo, e il pubblico le imitava ammirato nelle sale. Fumare non era solo sofisticato: ero un vezzo da intellettuali, un’attività che induceva alla meditazione, ed è celebre il giudizio di Sherlock Holmes su un caso particolarmente difficile: “E’ un problema da tre pipe”. Naturalmente c’era anche un godibilissimo rapporto personale con l’oggetto fisico. Tony Benn, politico e amante della pipa, ricorda con passione quei giorni:
Stanley Baldwin fumava la pipa, Harold Wilson fumava la pipa: era la cosa più normale del mondo, e si fumava la pipa per fare la pace, per stare con gli amici, e così via. Dunque la pipa ha un significato che va ben al di là della gratificazione del fumo. E’ una specie di hobby: si gratta via lo sporco, si pulisce, si riempie, si schiaccia il tabacco e poi si accende, si spegne e si accende ancora. Oggi non si può più fumare durante gli incontri ufficiali, ma allora, se ti chiedevano qualcosa, potevi accendere la pipa e dire: “ottima domanda”, e questo ti dava un po’ di tempo per pensare alla risposta. Ma non consiglierei a nessuno di cominciare a fumare.
Nel mondo occidentale, la guerra al fumo degli ultimi trent’anni è stata una straordinaria rivoluzione. Ormai nei film di Hollywood fumano solo i “cattivi”, e chiunque fosse sorpreso a fumare verrebbe cacciato fuori dal cinema. Giacomo I ne sarebbe entusiasta. Come ci ha dimostrato la Coppa Warren, i piaceri che le società giudicano leciti sono soggetti a negoziazioni continue e imprevedibili.
Da “La storia del mondo in 100 oggetti” di Neil Mac Gregor